Lo smog uccide più di Covid, Aids e terrorismo

L’inquinamento non è diminuito nel mondo neppure durante la pandemia: il 97,3 per cento della popolazione mondiale – vale a dire 7,4 miliardi di persone – vive in luoghi dove la qualità dell’aria non soddisfa i requisiti previsti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
I dati emergono da uno studio pubblicato il 14 giugno dall’Energy policy institute dell’Università di Chicago (Epic), negli Stati Uniti.
La conseguente riduzione della speranza di vita è tre volte superiore a quella causata dall’abuso di alcol, sei volte superiore a quella causata dall’Aids, e 8 volte superiore a quella derivante da conflitti e terrorismo.
La forza di questo studio sta nel fatto che dimostra un rapporto di causalità, e non soltanto una correlazione, fra l’esposizione alle polveri sottili e l’accorciamento della vita media. Il 60 per cento di queste polveri deriva dallo sfruttamento dei combustibili fossili.
Inoltre, in base a un altro studio pubblicato sulla rivista Lancet planetary health, a partire dal 2015, l’esposizione a sostanze tossiche contenute nell’aria, nell’acqua o nel suolo ha causato nove milioni di vittime l’anno – un sesto dei decessi a livello mondiale. L’inquinamento si classifica così come il fattore ambientale che ha maggiori probabilità di provocare l’insorgenza di malattie o condurre alla morte.